domenica 21 febbraio 2010

WILAR. La magia della matematica

WILAR (What I Learnt about Research), Parte Seconda. La magia della matematica.

Non comincerò parlando di cose quotidiane. Preferisco cominciare con una citazione - con un testo che (ahimè) non è mio - con l'intenzione di far intendere, o intuire, qual è lo spirito, l'humus in cui si muove la mente e i desideri di chi fa ricerca, sin dai primi passi. Prima di tutto lo stupore per la linearità e la bellezza platonica del mondo, bellezza che si crede di poter trovare e ricostruire con formule chiare, lineari, potenti e scientificamente evocative.
Il ricercatore, è un bambino e al tempo stesso un mago, un sacerdote, che va alla ricerca delle tracce dell'armonia di Dio nell'universo. E qual è il primo luogo di armonia, di perfezione ideale e platonica, di correlazione mistica tra gli enti e i concetti che hanno potenze infinite e dimensioni metafisiche? La matematica. L'odiatissima matematica che per il ricercatore puro significa abbandono della contingenza, spinta verso l'ultraterreno, e viaggio nelle braccia metafisiche della logica divina.

Riporto qua la bellissima descrizione (la parte iniziale, prosegue con una dimostrazione che non riporto per ora) della cosidetta formula di Eulero-Lindemann. Quella che è stata chiamata la formula più "bella" della matematica, proprio da quel Feynman che citavo alcuni giorni fa. Ma leggiamo che dice l'autore del pezzo.

La prima volta che ci si imbatte nella formula di Eulero [nota del The Catcher: qui sopra] non si può fare a meno di rimanere "scioccati", oltre che un po’ increduli, di fronte al mistero che la sua semplicità racchiude in così pochi simboli. Numeri che provengono da contesti della matematica completamente diversi incrociano i loro destini in un’uguaglianza che più semplice non si poteva.
Di fronte a quella che dalla maggior parte dei matematici è considerata “La” formula più bella della matematica, l’eminente professore, proprio come il suo allievo, trova una difficoltà insormontabile nel tentare di percepirne fino a fondo il significato, e non può che arrendersi nel constatare una profondità più grande di lui. Come mai le due costanti e e π, provenienti da differenti ambiti della matematica, sono legate tramite il numero immaginario i in un modo così bizzarro? Talvolta capita che gli studenti siano addirittura tentati di “rifiutare” l'esistenza dei numeri immaginari, in quanto lontani dalla realtà e apparentemente artificiosi, eppure mai come in questo caso entità così astratte si rivelano intimamente legate ai più elementari dei numeri naturali: l’uno e lo zero.

Si dice che Gauss, forse il più grande e prolifico matematico di tutti i tempi, un giorno abbia ironicamente commentato che, se ad una persona la formula non appare immediatamente ovvia,questi non potrà mai essere un grande matematico! In effetti la dimostrazione è relativamente semplice per chi abbia un minimo di dimestichezza con i numeri complessi e il calcolo integrale...Anche dopo averla accettata, però, la dimostrazione non darà mai la soddisfazione di svelare completamente il profondo segreto che la formula sembra nascondere in sé.

Richard P. Feynman, fisico americano premio Nobel nel 1965 per i suoi studi sull’elettrodinamica quantistica, fu uno dei primi ad eleggerla “formula più bella di tutti i tempi”, quando all’età di 13 anni la inserì con tale appellativo nel suo quaderno di liceale. E come dargli torto? La prima cosa che si nota è che compaiono, una dopo l'altra, come in rassegna, tutte le entità fondamentali della matematica: la costante di Nepero (e = 2,7182818...), il valore di pi greco (π =
3,14159265...), l’unità immaginaria i (radice quadrata di –1), il numero 1 (elemento neutro per la moltiplicazione) e il numero 0 (elemento neutro per la somma).

Anche dal punto di vista storico, i concetti che vengono evocati spaziano attraverso le epoche e i luoghi che hanno fatto la storia della matematica: si pensi al periodo aureo della geometria greca (costante π), agli influssi della matematica indiana, che introdusse il concetto di zero, al dibattito rinascimentale italiano fra Tartaglia e Cardano relativamente alla risoluzione delle equazioni di terzo grado (unità immaginaria i), per poi passare alla nascita dei logaritmi ai tempi di Nepero (costante e), e infine al numero 1, onnipresente in tutte le culture e in tutti i tempi. Com’è possibile che queste entità fondamentali e apparentemente lontane tra loro possano intrecciarsi elegantemente a formare un tutt’uno di così pregevole armonia? Che cosa ci può essere di più mistico di un numero immaginario che interagisce con costanti reali per produrre il niente. [...]

(da: Flavio Cimolin – La formula di Eulero)
http://www.matematicamente.it/

(fine parte seconda)
Parte terza: Abbandoniamo la mistica

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