domenica 21 febbraio 2010

Le altre scienze sono scientifiche?

WILAR parte quinta. Le altre scienze sono scientifiche? L'effetto placebo e la medicina.

Ma cosa succede (what if) se uno "salta" dalla scienza sperimentale per eccellenza, la Fisica, alle altre scienze, come ad esempio la medicina, la statistica, l'informatica e l'ingegneria? Non tutte le scienze sono eguali. L'ingegneria non è neanche una scienza, strettamente parlando, ma un metodo. Un metodo per usare bene le altre scienze. Il discorso si farebbe lungo, ma detto in parole brevissime, il metodo sperimentale si presta a volte meno bene per discipline che hanno l'uomo come soggetto di sperimentazione. O che hanno la prassi come obiettivo. Nelle discipline scientiche rivolte all'uomo, si ricorre talvolta a metodi randomizzati, a metodi statistici, che si fondano su prove ripetute su diversi soggetti, allo scopo di dedurre una verità non assoulta, ma media, di popolazione. Si va alla ricerca di un modello valido su un insieme di persone, il più accurato e scientifico possibile, cercando di capirne il profilo probabilistico.

In questi modelli sperimentali epidemiologici i medici hanno inventato - anzi introdotto - il cosidetto metodo del "Cieco". Quando si fa un esperimento in medicina - ad esempio se si testa un nuovo farmaco - si usano due gruppi, uno dei quali è detto gruppo di controllo. Al gruppo normale viene somministrato il farmaco oggetto di sperimentazione, al gruppo di controllo viene invece dato un farmaco privo del principio attivo, senza medicinale in pratica. Questo per eliminare il cosidetto effetto placebo. I risultati del farmaco verranno analizzati, statisticamente, su entrambi i gruppi, facendo un confronto. Nessuna sperimentazione medica piò essere considerata seria se non è fatta in cieco o in doppio cieco, oggi.

L'effetto placebo, già. Ma che cosa è? E' sperimentalmente documentato che se si somministra una medicamento nullo, cioè un farmaco che non contiene nessun principio (acqua fresca, detto in termini poco scientifici), per il solo fatto di ritenere di essere curati, la malattia tende a regredire, o regredisce più in fretta, o - in alcuni casi - scompare completamente proprio come se ci fosse un principio attivo. Questo ovviamente statisticamente, cioè in più soggetti di quanto di norma accada.
Forse qualcuno coglie alcune analogie tra il placebo e la cosidetta medicina omeopatica.
Anche la medicina omeopatica usa la quasi totale assenza di un principio, ma al tempo stesso promette la cura. La medicina omeopatica è un placebo, in effetti. E' un puro effetto "sciamanico", suggestivo. In breve non ha basi scientifiche. O meglio ne ha una sola: l'effetto placebo. La suggestione indotta.

La differenza tra le due "Medicine" è solo nel metodo (warning: l'omeopatia non è "Medicina", non ha fondamenti o principi scientifici a cui appellarsi). Però questa fa la differenza tra essere uomini di scienza o meno: ragionare sulla base di un metodo razionale considerato valido. Il metodo serve a distinguere tra un principio, per quanto ben congegnato, ma falso, e un modello (una spiegazione) magari meno ben congegnata, ma vera. Vera o presunta tale. Perchè il concetto di Vero nella scienza è tutt'ora in discussione (e.g. vedi K.Popper).

Forse avrete sentito anche parlare di doppio cieco per gli esperimenti medici. Con doppio cieco si intende esprimere il concetto che ANCHE il medico sperimentatore, in uno studio randomizzato, non debba essere a conoscenza di quale sia il farmaco contenente il principio e quale il placebo. Questo perchè è altrettanto ben documentato che lo sperimentatore, più o meno consciamente, possa tenere un atteggiamento che induce il soggetto ad intuire o a percepire - direttamente o indirettamente - la natura del farmaco somministrato, in generale la natura dell'esperimento

Dandogli un nome, così su due piedi, lo potremmo chiamare: "effetto del cavallo che sa contare".
Mi spiego meglio. Nel 1904 a Berlino, il cavallo del signor Osten, un cavallo circense di nome Hans, fu sottoposto ad un esperimento molto singolare e forse "poco ortodosso" dal Dr. Miessner e Dr. Nagel dell'Università di veterinaria e fisiologia di Berlino, e successivamente dal dottor Pfungts, psicologo. Osten, il circense, affermava con tutta onestà di aver insegnato al proprio cavallo a contare. Chiunque poteva chiedere al cavallo Hans di fare operazioni matematiche, ad esempio di sommare due numeri, e il cavallo rispondeva battendo lo zoccolo a terra un numero di volte pari al risultato dell'operazione. Il cavallo sapeva anche sottrarre, moltiplicare, estrarre radici, etc. Questo fenomeno avveniva davanti agli sperimentatori, col proprietario presente, ma (stupefacentemente) anche in assenza del proprietario del cavallo. Insomma, un caso difficile da comprendere e singolare.

Per fare corta una storia lunga risultò in sostanza questo. Il Dr. Miessner e Nagel fecero delle ipotesi piuttosto stravaganti (azione mentale a distanza). Pfungst - più seriamente - si limitò ad osservare attentamente le interazioni delle persone con il cavallo (Hans), e scoprì che, ad ogni domanda, il respiro, la postura e l’espressione facciale delle persone che erano vicine ad Hans e che conoscevano le risposte, cambiavano ogni volta che lo zoccolo batteva per terra, mostrando un leggero ma evidente aumento della tensione interiore. Quando Hans batteva lo zoccolo dando la risposta giusta, la sottile tensione, che anche Pfungst notava, scompariva. E sembra proprio che il cavallo Hans (abituato al pubblico e al contatto umano) si accorgesse di ciò, fermando il battere del suo zoccolo, appunto sulla risposta giusta.

Se un cavallo può percepire lo "stato d'animo" dello sperimentatore, figuriamoci un uomo. Un uomo poi che vuole essere curato è ancora più sensibile. Le impressioni e la psicologia delle interazioni introducono nella sperimentazione in cui l'uomo è il soggetto dell'esperimento, una variabile che manca nella sperimentazione meccanica dei gravi, delle forze e dei moti del Fisico: lo stato mentale dello sperimentatore e dello sperimentato, che diventano elementi perturbatori del modello (in realtà perturbatori della verifica del modello). Lo scopo del doppio cieco - introdotto proprio dai medici - è quindi quello di evitare che i risultati della ricerca vengano influenzati a priori non solo dal condizionamento del paziente ma anche da quelli indotti indirettamente dal medico (e dallo statistico che fa i calcoli) che sta effettuando la ricerca.

Potremmo dire (?) quindi che le scienze che ricorrono al metodo del cieco o doppio cieco siano scienze sociali, e non scienze sperimentali nel senso Galieliano del termine? In un certo senso sì. Sono meno scientifiche? E' una buona domanda.

(Parte sesta: la nascita del significato.)

2 commenti:

diego b ha detto...

diego b ha detto il 12 febbraio 13:29 su The Catcher

il quesito è interessante

però, così da profano, direi che è "scientifico" anche tener conto degli effetti della suggestione, visto che ci sono

se dare ad un tale una pillola convincendlo che gli fa bene, e poi costui stà meglio davvero, è un fatto, allora è scientifico tenerne conto, sarebbe assurdo non tenerne conto

nel bel volume "proust era un neuroscienzato" (non mi ricordo l'autore scusa), si racconta del cuoco escoffier che aveva capito che esiste il "gusto del proteico" e i fisiologi dicevano che eran tutte fantasie, e che c'era solo il dolce, il salato, l'amaro e l'aspro, poi però molto di recente hanno trovato che sulla lingua c'è dei recettori apposta, che esiste "quel" gusto; aveva ragione il cuoco e non gli scienziati che lo snobbavano

insomma, per me tutto ciò che c'è, se c'è, allora è scientifico studiarlo

un pò come diceva il vecchio hegel tutto ciò che è reale è razionale, più o meno (non so il tedesco...)

The Catcher ha detto...

E' un bel problema! Ma il problema non riguarda che cosa vale la pena studiare (tutto, certo!), ma con che metodo, scientifico o meno. E qual è il confine definitorio di "scientifico", cosa rende un metodo scientifico, cosa no. A livello di definizione, se inglobi troppo, diventa scienza tutto, anche l'astrologia o l'ipnosi. Se escludi troppo, allora l'unica scienza è la Matematica. O il sapere di non sapere.

Tutto ciò che è reale è razionale. Ma per spiegare il reale serve un metodo (un qualche cosa di coerente) che distingua l'accidente dal contenuto vero. Il metodo una volta si chiamava alchimia, altre volte astrologia, un'altra volta filosofia, altre volte teologia.
Oggi si chiama metodo sperimentale: questo metodo parte dalla 1) definizione di ipotesi, 2)creazione di un modello, 3) previsioni di conseguenze dal modello, 4) verifica della presenza di queste conseguenze nel mondo reale (vedi post precedente, il video di Feynman).
Ma secondo questo modello, allora la medicina non è scienza, la psicologia non è scienza, l'informatica non è scienza. Non hanno modelli previsionali.

Nota inoltre che Karl Popper disse e mostrò anche che il metodo sperimentale ha lacune importanti (si intravedono sempre in quel video di Feynman), non può aiutarci a dire che una cosa è *generalmente* vera (e.g. tutti i gravi cadono). Ma solo che non è stata (ancora) falsificata (e.g. in tutti gli esperimenti fatti finora i gravi sono caduti, quindi pare plausibile dire che tutti i gravi cadano). La scienza può affermare vero solo ciò che può dimostrare come falsificazione di un modello (La mia teoria T prevede che io domani sarò G.Clooney. Domani non lo sarò, la mia teoria T è falsa)

Siccome nel reale non si possono fare test su infiniti casi, ogni verità scientifica è solo una verità falsificazionista. Ma tutti i teoremi classici della Fisica, ad es, sono delle affermazioni arbitrariamente estese a tutti i casi futuri, quindi la Fisica è una scienza che si basa su verità solo presunte, plausibili. Mai vera. Mai ontologicamente vera.
Tradotto: Galileo non aveva più ragione di Tolomeo. E Bellarmino che era Teologo prudente lo sapeva...

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SM