sabato 25 luglio 2009

Fondi agli Atenei. In italia fa notizia il banale concetto del merito, incredibile.

La Gelmini dirotta il 7% dei fondi ordinari, assegnandoli secondo i meriti delle Università.

ilsole24ore.com-Gelmini Atenei Virtuosi

Solo il 7%? Mi sembra poco per modificare le attitudini iper-burocratizzanti degli Atenei. Ma è un buon passo in avanti.
Almeno è entrato finalmente in ballo il concetto che i finanziamenti vadano assegnati misurando il merito e che questo abbia qualche cosa a che fare con l'efficienza, e con i risultati didattici e di ricerca.

Mi auguro che non si misuri solo il merito funzionale-occupazionale però, altrimenti la ricerca farà sempre acqua in Italia, come lo fa ora. Acqua nel senso che le teste che già ci sono, non vengono indirizzate verso il meglio.
In Italia a livello studentesco e nel quotidano parlare delle famiglie non ci si rende conto che le Università insegnano ai propri studenti quelli che sono i risulti della ricerca, non quello che si trova scritto nei libri (scritti da chi, se sono argomenti innovativi?). Ed è questo che fa la differenza tra un diploma liceale, una scuola, e una Università. Questo fa la differenza culturale e strategica dell'essere laureati.

La ricerca, e quindi i meriti per ricerca, è il punto della qualità universitaria.


Una nota: secondo il ministero della ricerca noi (Università Milano-Bicocca) in questa classifica siamo stati posizionati come il sesto ateneo in Italia, e siamo il secondo ateneo di Milano (dopo il Politecnico di Milano), e Milano conta moltissimi atenei prestigiosi.
Non male.
Si può fare molto meglio: Bicocca potrebbe essere facilmente il primo o il secondo Ateneo scientifico d'Italia.


St.P.

venerdì 24 luglio 2009

How to copy a thesis?

Enrica Garzilli, specialista di indologia e di studi asiatici accademico di grande valore, si domanda (giustamente) sul suo sito e si "stupisce" alla notizia che esistono laureandi che copiano le tesi dai siti on line.

http://orientalia4all.net/post/how-to-copy-a-thesis?message=Commento+inserito#add_comment

Non esistono più gli studenti di una volta..? ;-)

giovedì 23 luglio 2009

Ma è vero che l'influenza H1N1 ha un tasso di mortalità del 6-7%? 46 milioni di morti ci attendono?


C'è chi parla della nuova influenza come di una pandemia e cita numeri: a seconda delle versioni, il 4% o il 7% per cento degli infetti da virus H1N1 "è deceduto" a causa del virus.
Ipotizzando per amore di discussione il 7% come cifra, se l'intera popolazione si ammalasse, cosa che può capitare per un virus a diffusione aerea come questo, dato che parliamo di 6.7 milardi di persone, significherebbe che in pochi mesi arriveremo ad avere circa 46 milioni di morti?
Il numero di morti causati dall'ultimo conflitto mondiale in 5 anni, per pochi mesi di influenza?
Tanto. Troppo.

Dovremmo correre impazziti di terrore, fare scorte per un anno, chiuderci in casa, staccare il telefono, e invece parliamo pacificamente delle amenità personali di Berlusconi, pianificando tranquille vacanze all'estero, magari in rispettabilissimi paesi dove il virus si sta espandendo a macchia d'olio proprio in queste settimane?
L'epidemia "percepita", non è quella "reale"... o come al solito ci accorgeremo della serietà del problema quando è troppo tardi?

Qualcosa non mi quadra.

Poco convinto dalle opioni generiche e mai precise che sento in rete, cerco di ottenere più informazioni, ovviamente sempre in rete, trovandovi dapprima le cose più stravaganti.
Per trovare informazioni più attendibili mi reco direttamente sul sito della World Health Organization ( WHO-swineflu ) trovandovi molti dati interessanti ma anche piuttosto impressionanti: 88.408 casi confermati di influenza e 737 decessi fino al 22 luglio nell'area panamericana (who-panamerica) , 44.801 casi confermati e 296 decessi negli Stati Uniti (http://flutracker.rhizalabs.com/); e altre informazioni su siti molto interessanti con i relativi dati, grafici e andamenti (http://www.cdc.gov/flu/weekly/) .


Ma per capire cosa significhi un tasso di mortalità così alto, come viene calcolato e perchè, ho cercato altre informazioni che fossero attendibili e scientificamente valide sui virus e i loro vaccini, e il relativo concetto di mortalità e morbilità in una pandemia, trovando prima di tutto una marea di siti di una inquietante quanto improbabile attendibilità, o meglio di una impressionante quanto sfrontata e voluta antiscientificità, contenenti anche in questo caso le informazioni più assurde, o le più verosimili, ma supportate da citazioni scientifiche letteralmente inventate.

Solo per divertici e fare un esempio, uno di questi siti assurdi cita elenchi di ricerche che porterebbero ovviamente come prove "schiaccianti" a supporto delle loro "teorie" citazioni di articoli tratti da riviste autorevolissime (come The Lancet), citazioni che al primo sguardo appaiono poco pertinenti, ad un secondo sguardo generano invece il sospetto di essere inventati (titoli in italiano, in una rivista in lingua inglese?)....
Bè... sono andato a cercarle queste citazioni e questi articoli: non esistono proprio. Riferimenti inventati ad arte.

Oppure si citano fatti "rivelatori" e "rilevantissimi" riferiti a parole espresse da persone e enti autorevoli in articoli o interviste con "tanto di reference" agli stessi, ma seguendo i suddetti link si trovano "broken link" o generici reference a pagine iniziali di siti universitari (solo la home iniziale di qualche buona università: nessun articolo scientifico, nessuna intervista autorevole, niente di niente).

Oh My God, mi verrebbe da dire.

Ho quindi pensato di rivolgermi direttamente alla fonte, ovvero cercare io direttamente le informazioni che mi servono sulle riviste scientifiche (e.g. Thelancet.com) come faccio ogni giorno nel mio lavoro, scoprendo così a mia volta delle amene curiosità. Le ricerche scientifiche in questi settori della medicina recano curiosamente, e spesso, in fondo all'articolo, prima dei canonici reference, dei veri e propri disclaimer a cura dell'editore o degli autori ("conflitto di interesse: l'autore di questo articolo ha lavorato per la glaxosmithkline o è stato consulente per quest'altra bella ditta farmaceutica").
Ok, corretto. Molto Fair e inglese.
Ma c'è bisogno di dirlo? E' come affermare: questo arbitro è un tifoso del Napoli, quindi è ovvio e implicito che sarà poco professionale quando arbitrerà una partita col Napoli?

Io mi inquieterei alquanto, se mi obbligassero a scrivere una cosa del genere in fondo ad un mio articolo scientifico. Sono una persona seria, non mi gioco certo la credibilità professionale per fare una cortesia ad una azienda. Il mio lavoro è essere autorevole e credibile. Se non lo sono, ho smesso di lavorare. Ho perso il mio lavoro.
Vabbè...diciamo che forse è meglio saperlo. Se serve.

Il mondo della ricerca medica è particolare e a volte al limite del scientifico, per motivi lunghi qui da spiegare, quindi ho glissato sulla amenità concentrandomi sui contenuti.
Trovando ben poco di mio interesse, però.

Dopo lunghe richerche comunque alla fine trovo due link e due siti che spiegano bene, a mio parere, il rapporto tra dati epidemiologici e mortalità, in relazione alla loro interpretazione e affidabilità.

Il primo [1] (vedi anche sotto) del sito Virology, che spiega sostanzialmente "quanto" e "se" sono affidabili i dati riportati da uno studio epidemiologico di questo tipo, e "perchè".

Il secondo [2] (vedi anche sotto) che mostra dati alla mano l'andamento della pandemia del virus H1N1 parlando non di "rapporto tra morti e infetti", ma di numero di deceduti per il virus H1N1 rispetto alla popolazione "totale"; indicando in questo "studio", sostanzialmente, che il numero di infetti è in realtà un numero difficile da stabilire, specie su base mondiale (ogni ente ha affidabilità diverse), è quindi più scientifico basarsi su dati oggettivi come il numero di decessi, per influenza da H1N1, pesati sull'intera popolazione e non sul numero di infetti, dato quest'ultimo poco affidabile (affetto da rumore non modellabile, diciamo noi "veri scienziati" :-) ).

Consiglio di leggere il primo articolo, sicuramente più autorevole, breve, e molto interessante.
Del secondo di cui non posso garantire la scientificità assoluta e forse anche l'utilità, faccio solo notare il secondo grafico nella pagina: l'andamento mostra il numero di morti per popolazione: ed è una retta. Una retta su un diagramma semi-logaritmico.
Come molti sapranno, questo andamento che appare "lento", e in leggera crescita, in realtà corrisponde ad un andamento esponenziale su un diagramma normale. Forse non volevano allarmarci e un diagramma logaritmico certamente aiuta a nascondere l'espolosione esponenziale :-)

Ma il fatto è che.. l'epidemia si sta diffondendo, in modo esponenziale.
I morti per influenza ci sono e non sono pochi....

Dobbiamo quindi preoccuparci?
Non è chiaro...

Quindi?
Quindi, chi vivrà vedrà.
E' proprio il caso di dirlo.


Riporto qui i due articoli/siti.

[1] http://www.virology.ws/2009/06/16/how-many-people-die-from-influenza/
[2] http://www.peterosborn.com/pandemic%20(history).htm

st.p.

Google vorrebbe entrare nel futuro, ma ci riuscirà?

Marissa Meyer, vicepresidente Google e "deus ex machina della grande G", ci parla delle tendenze di ricerca negli ambiti dell'Information Retrieval (il "solito" google search).

Semantica e (separatamente) sensori integrati nei gadget, sono le due parole chiave (vedi l'articolo di punto informatico meyer-futuro-del-search-tempo-reale ).

La questione semantica è un vecchio problema, vecchio come il mondo. Mayer ci si tiene prudentemente lontano. "Non andiamo sulla semantica, ma su aspetti che sembrano semantici senza esserlo". Google ha sempre funzionato così, e in effetti l'approccio è corretto. Il metodo attuale di ricerca che è fondato sul ranking (popolarità) dei link, non è semantico e - come tutti sappiamo - funziona.

Ma non si può sempre procedere così, purtroppo. Uno dei punti deboli di Google Search in questo momento è ad esempio la ricerca sulle immagini: nell'azienda di Cupertino stanno cercando di introdurre timidamente metodi diversi di aggregazione delle immagini, ad esempio usando un algortimo di ricerca per similarità. Funziona a volte. A volte no. (prova: similar-images.googlelabs.com )
Le ragioni sono molte, e in un articolo separato avrò l'occasione di indicare come e perchè capita questo e cosa si intende per ricerca semantica e ricerca non semantica.

Interessante anche osservare che Microsoft con Natal (ma anche in Windows 7), la Nintendo con Wii, ma anche Google si siano accorti e pongano l'accento sull'uso di sensori per interagire in modo elettivo con una macchina.

Sensori e semantica sono il punto su cui noi ( Motion Studio Project (*) ) lavoriamo da due anni ormai, anticipando questo trend e questa visione. E in effetti molte cose si possono dire e fare in merito, ma vorrei soffermarmi su un punto.

I sensori, certi sensori, come quelli indossabili, hanno un pregio: possono catturare il tipo, l'attitudine, le caratteristiche, il mood e le specificità personali del comportamento o del movimento umano. Il tipo, la qualità e il modo di interagire.
A differenza del passato qui è la macchina, il computer, che dai segnali ricavati dai sensori, indossati o nell'ambiente, deve comprendere il comportamento della persona e agire: non l'uomo che deve apprendere l'uso di un device (la tastiera, il mouse, etc.) e di un artefatto (i comandi, le finestre, i menù, un linguaggio di programmazione o scripting) per interagire con la macchina. Spesso alle sue condizioni.

Ma quando si parla di capire il comportamento di una persona a partire dai dati letti da un sensore, in modo intelligente e automatico, si parla forzosamente di machine learning e... di semantica. E qui sono i leoni.

Benvenuta nel problema, Google :-)
E benvenuta nel futuro.

St.Pinardi

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