lunedì 13 maggio 2013

Horizon 2020


Se, negli ultimi vent’anni, non si fossero manifestate criticità importanti per il posizionamento del sistema europeo della ricerca e dell’innovazione e, al suo interno, in maniera più accentuata, di quello italiano, non ci sarebbe stato bisogno, per l’Europa, di segnare una discontinuità con i Programmi Quadro, denominando il prossimo framework strategico per la ricerca dell’Unione ‘Horizon 2020’ (anziché ‘VIII Programma Quadro’), e, per l’Italia, di sperimentare per la prima volta l’adozione di un quadro strategico di riferimento coerente con quello europeo per durata e impostazione.

Una decisione, questa, largamente condivisa dall’opinione pubblica (Inserto 1),  (cfr. http://hubmiur.pubblica.istruzio ne.it/web/ministero/cs181212 e su www.facebook.com/MIURsocial)

Nonostante gli sforzi compiuti per superare i limiti imposti dalla frammentazione statuale alla competitività della ricerca e della conseguente innovazione produttiva, i Programmi Quadro non hanno permesso all’Europa né di ridurre il divario con gli Stati Uniti, né di fronteggiare il prepotente ingresso nella competizione per le posizioni di leadership di paesi come la Cina e la Corea.
Per questo con il documento Europa 2020 si è avviata una riflessione radicale, ponendo con chiarezza l’enfasi sulla necessità di guardare ai risultati concreti delle attività di ricerca in termini di risposte ai bisogni dei cittadini e alla capacità di sostenere la competitività dei sistemi produttivi europei e quindi alla crescita diffusa.

Così, l’Unione Europea tenta di percorrere nuove strade, di responsabilizzare gli Stati Membri attraverso strumenti come la Programmazione Congiunta della Ricerca sui grandi temi di rilevanza globale, la creazione di nuove grandi Infrastrutture di Ricerca d’interesse europeo (o l’upgrade di quelle esistenti), la sperimentazione di strumenti innovativi di finanziamento (risk sharing e pre commercial procurement) basati sulla condivisione del rischio, strumenti cui Horizon 2020 attribuisce ruoli di rilievo.

Il programma HIT 2020, pur coerente con quello comunitario, presenta elementi che lo distinguono e lo qualificano. Nella incomposta contrapposizione tra la ricerca volta al progresso della conoscenza (knowledge driven) e quella più vicina ai bisogni dei cittadini (technology driven), ovvero tra gli
aspetti più ‘tecnologici’ e quelli più sensibili alle variabili sociali, la Commissione Europea ha ritenuto di articolare il programma Horizon 2020 su tre grandi categorie concettuali, dotate ciascuna di un finanziamento proprio, denominate Excellent Science, Industrial Leadership e Societal Challenges.

In questo, HIT 2020 si differenzia da Horizon: nella consapevolezza che ricerca knowledge driven e innovazione nei beni e nei servizi per i cittadini costituiscono un continuum che solo artificiosamente si può interrompere, che il sistema della ricerca pubblica, con la sua forte componente orientata alla conoscenza e competenza, e quello privato, naturalmente orientato al ‘prodotto’, debbano fluidamente interfacciarsi e
che l’inte(g)razione tra discipline tecnologiche e discipline sociali ed umane incrementa la qualità della ricerca e la sua competitività; anche su questo concetto si è registrato grande consenso da parte dell’opinione pubblica..

 L’Italia può contare su un pool di ricercatori e ricercatrici di elevata qualità e produttività.
Tuttavia, nonostante gli sforzi compiuti, da una parte, da università ed enti pubblici di ricerca e dall’altra dal sistema produttivo, permane una difficoltà nel trasformare i risultati della ricerca in innovazioni di processi e
di prodotti capaci di rispondere con sollecitudine ai bisogni dei cittadini.

Questa difficoltà emerge con chiarezza da alcuni confronti con i principali competitori, per esempio in termini di capacità brevettuale e di export ad elevato contenuto tecnologico, dalle collaborazione tra sistema pubblico e sistema delle imprese (Cfr. Par. 1.1.1). Ed oltre alla menzionata scarsa fluidità nella traduzione dei risultati della ricerca in prodotti socialmente fruibili, permane anche una limitata capacità di comunicare la ricerca ed i suoi risultati, mentre un’autentica esigenza in tal senso risulta chiaramente avvertita dall’opinione pubblica (Inserto 3).

Questa limitata capacità di trasferimento, diffusione e valorizzazione dipende sia dalle caratteristiche dei ricercatori italiani le cui conoscenze e competenze sono concentrate su abilità e tecniche di ricerca del proprio ambito disciplinare a discapito di attività di management della ricerca, di ricerca di finanziamenti, di networking, di diffusione e valorizzazione dei risultati in forme diverse dalla pubblicazione scientifica, sia dal fatto che le università e gli EPR nazionali offrono servizi di supporto ancora insufficienti su quest’ultime tematiche e, salvo eccezioni virtuose, non presentano uffici, dotati di competenze specialistiche, dedicati a realizzare tali attività in modo sistematico.

https://www.researchitaly.it/uploads/50/HIT2020.pdf

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SM