venerdì 21 ottobre 2011

Nāgārjuna: la vacuità, l'interdipendenza concettuale e ontologica.


« Il saṃsara è in nulla differente dal nirvāna. Il nirvāna è in nulla differente dal saṃsara. I confini del nirvāna sono i confini del saṃsara. »
(Nāgārjuna)


Nāgārjuna (Andhra, c. 150 – 250) è stato un monaco buddhista indiano, filosofo e fondatore della scuola dei Mādhyamika e patriarca delle scuole Mahāyāna.

Tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. la dottrina buddhista è stato sottoposta ad una revisione ed approfondimento a partire da alcuni Prajñāpāramitā sūtra .
La vacuità (śunyātā) è la categoria fondamentale dei Prajñāpāramitā Sūtra e della filosofia di Nāgārjuna.

Nelle dottrine del Buddhismo dei Nikāya, è presente l'idea della coproduzione condizionata, per la quale nessun fenomeno (dharma) ha una esistenza in sé (anātman), in quanto ogni fenomeno nasce solo in relazione ad altri fenomeni che lo hanno preceduto: esiste A solo in quanto è esistito un non-A. Questa realtà dei fenomeni posta su un piano temporale di impermanenza (anitya) conservava una stabilità temporale immediata ovvero una identità precisa.

Per Nagarjuna, oltre l'impermanenza temporale, vi è una ulteriore qualità nell'anatman dei fenomeni: essi sono vuoti anche di una stessa loro identità in quanto dipendono uno dall'altro sul piano temporale del presente, dell'immediato: esiste A solo in quanto esiste anche un non A.

Tutti i fenomeni sono quindi privi di identità, vuoti di identità. [..] Poiché nessun fenomeno possiede una natura indipendente, si può dire che tutto ciò che esiste è vuoto.

L'esperienza della vacuità è la via che porta alla liberazione. Ma la vacuità non può essere conosciuta con il pensiero ordinario (o convenzionale) che tratta dei fenomeni come se fossero indipendenti e stabili, dotati di natura immutabile e certa..

Gran parte dell'opera di Nāgārjuna consiste pertanto in una critica raffinata delle diverse dottrine che sottintendono l'esistenza dei fenomeni in quanto tali, e che vengono per questo ridotte all'assurdo (prasaṅga).

Da parte sua, Nāgārjuna non presenta alcuna dottrina, poiché l'esperienza della vacuità non è compatibile con alcuna costruzione filosofica. L'idea stessa della vacuità rischia di essere pericolosa, se la vacuità viene entificata. La vacuità richiede, ed è, la rinuncia ad ogni opinione. (fonte: Wikipedia)

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La Sesta Paramita: La Saggezza – Riconoscere la vera natura della mente.

[..] Ciò che rende le paramita liberatrici (param = oltre, ita = andare) iè il sesto punto: la comprensione che fare il bene è naturale. Nella sua pienezza, implica la comprensione dei sedici livelli di vacuità ovvero dell’origine interdipendente di tutti i fenomeni, esterni ed interni.

Poiché soggetto, oggetto ed azione sono tutte parti della stessa totalità, cos’altro si può fare? Esse si condizionano l’una con l’altra e condividono lo stesso spazio mentre nessun ego, io o essenza durevole si può trovare in esse nè altrove. Quando ci rendiamo conto di questo, comprendiamo anche che ciò che tutti gli esseri desiderano è la felicità; allora potremo agire per portare loro beneficio nel lungo termine.

fonte: Kagyu Life International, No.3, 1995 Copyright ©1995 Kamtsang Choling USA


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