WILARD parte 8: sintassi e semantica.
Vedremo come sintassi e semantica sono tra loro intrecciate anche in matematica. E cercheremo di capire cosa vuol dire valore intrinseco ed estrinseco dei simboli.
Cosa si intende con significato di un
simbolo dal punto di vista algebrico
? (vedi
La nascita del significato).
Qualcuno ricorderà le
noiose lezioni di matematica delle superiori tra cui i "famigerati" prodotti-notevoli dell'algebra, in particolare quello che recita.
(a+b)^2 = a^2 + 2ab + b^2 (1.)
In algebra lunghe
catene di simboli possono essere
trasformate in modo
meccanico. Il lato destro dell'eq.1 può essere sostituito dal lato sinistro, e viceversa. Se a denominatore di una espressione avessimo - ad es. -un termine analogo, potremmo semplificare
a^2 + 2ab + b^2
--------------------- =
( a + b )^2
(a + b)^2
---------------- = 1 (2.)
(a+b)^2
Ricorderete i minuziosi passaggi, necessari per ridurre una espressione lunga e complessa, ad una più semplice formata da pochi segni. Questo è quel che si intende con forma
sintattica della matematica. O algebra.
In algebra un simbolo non ha un significato in sè e
per sè, viene trasformato seguendo
regole e
prassi estrinseche, i.e. pratiche che prescindono il contenuto del simbolo. Cosa rappresentino "a" e "b" o "a^2" "b^2", se siano alberi, pere, numeri pari, dati istat, persone, o mini-pony colorati, non è questione.
L'espressione (1.) non è una equivalenza numerica, ma una equivalenza logica: la catena di simboli a sinistra è una forma perfettamente e logicamente equivalente a quella di destra. Cosa significhino le parti che lo compongono e perchè siano equivalenti, non è così rilevante dal punto di vista algebrico.
L'espressione (1.) in
realtà era nota ai
geometri (
matematici) almeno da 2000 o, forse, 3000 anni, grazie a metodi e prassi che non si appellavano al magico potere delle regole algebriche, ma alla geometria. La geometria, a differenza dell'algebra, fonda il proprio significato sull'intuizione che abbiamo dello spazio reale: pensiamo ad esempio al concetto di continuo, che sfugge ad una definizione formale, e che permea l'analisi.
A che cosa
corrisponde l'espressione (1.) in
geometria? A volte è complesso riportare un problema numerico alla geometria, ma in questo caso basta tracciare un segmento
s che sia la somma di due segmenti
a e
b , e "farne il quadrato". Vale a dire, costruire una figura
quadrata con
base e
altezza s = a+b. L'area corrisponde, numericamente parlando a
s^2, e quindi ad
(a + b )^ 2. Algebricamente parlando,
s^2 =
(a+b)^2
Ma quanto vale s^2 dal punto di vista geometrico, in questo caso? Se disegniamo il quadrato unendo i punti che
dividono s nei due segmenti
a e
b, da lato a lato, notiamo che risulta formato da
quattro figure geometriche simmetriche:
due quadrati, e
due rettangoli. Se vogliamo calcolare l'area di queste 4 figure, basta osservare le rispettive basi e altezze (sono rettangoli e quadrati, la loro area è data dalla moltiplicazione della base per l'altezza): notiamo facilmente che hanno valore
a^2,
b^2,
ab,
ab.
Dato che queste
quattro aree coprono
totalmente l'area del quadrato, per costruzione, è semplice vedere che l'area di
s^2 è pari alla somma delle aree delle sue parti a^2 , b^2, ab, ab, ovvero:
s^2 = ( a + b)^2 = a^2 + b^2 + ab + ab (3.1)
cioè
( a + b)^2 = a^2 + 2ab + b^2 (3.2)
Proprio come indicato nell'espressione (1.). In definitiva, la
sintassi non è un gioco puramente meccanico ed astratto: la sintassi nasconde una
semantica. La semantica a sua volta
precede e spiega la sintassi. QED.
Ma se le due espressioni, e i due mondi, sono perfettamente equivalenti, allora perchè perdere tempo ad imparare la noiosa e minuziosa algebra quando la geometria è così facile ed intuitiva da comprendere. Probabilmente se lo sono chiesti in molti questo, per primi gli algebristi italiani del '500, e la risposta è molto semplice.
Se è facile riportare (a+b)^2 ad un modello geometrico
bidimensionale, e in modo relativamente facile è possibile riportare l'espressione (a+b)^3 ad un modello
tridimensionale intuitivo, non è possibile creare un modello intuitivo
n-dimensionale dell'espressione (a+b)^n, ad esempio non è possibile costruire un modello geometrico
quadridimensionale intuitivo dell'espressione (a+b)^4, nè soprattutto è possibile costruire un metodo generale valido per un
n qualsiasi fissato a piacere.
L'algebra con i suoi meccanismi ripetibili ed estensibili stravolge le barriere dell'intuizione per risolvere problemi che diversamente non sarebbero affrontabili.
Che ci crediate o meno, l'informatica si fonda sul medesimo principio, nasce proprio dalla stessa filosofia: la logica e il ragionamento inteso non in senso intutivo e come contenuto, ma come mera manipolazione sintattica di simboli: i computer manipolano simboli, esemplificati da numeri binari; l'espressione popolare è che "i computer fanno girare programmi". Questi simboli portano un contenuto, che è stato meccanizzato e quindi prescinde l'aspetto semantico, ma senza disperderlo: la sintassi nasconde la semantica, e in un certo senso la supera, la travalica. Alla fine di molti e molti calcoli, la sintassi si arresta, i calcoli si chiudono, i programmi terminano, e la sintassi si rifà semantica. Ovvero dato in uscita o forma rappresentativa. Immagine, ad esempio. O parola.
Che ci crediate o no, il primo computer è stato concettualmente formalizzato da A.Turing nel 1936, definito in modo puramente astratto, come puro strumento matematico e concettuale, e alcuni tra i problemi più importanti dell'informatica tra cui il primo dei 7 problemi del millenio, sono stati formulati 8 anni prima che il primo computer reale venisse costruito.
L'informatica da questo punto di vista è una pura scienza astratta. Forse la più astratta e la più difficile delle scienze. Di certo, la più giovane e la più moderna.